Da Visitare, Gran Bretagna

Volata all’Isola di Man

Isola di Man

Isola di Man


Ovvero, Il Mito fagocitato

Partecipanti 

  • FRANCO – HONDA 750
  • OMAR – SUZUKI 1000

Percorso dal 25-26/05/2004 al 30/05/2004 – Totale Km   3.900

  • BERGAMO-PARIGI-LONDRA-CAMBRIDGE – Km   1.550
  • CAMBRIDGE-LIVRRPOOL-DOUGLAS – Km   350
  • ISOLA DI MAN – Km    200
  • DOUGLAS-DOVER-REIMS – Km   800
  • REIMS-LOSANNA-SEMPIONE-BERGAMO – Km   1.000

Preambolo

Recita il detto: chi bene incomincia è a metà dell’opera. Ed io e Omar bene abbiamo iniziato centrando in pieno il primo obiettivo che ci eravamo prefissati in questa nuova stagione motociclistica. L’impegno era tosto e ci ha messo a dura prova; io in particolare ho sofferto assai il freddo. Mai l’avevo patito per così tanto tempo. Forse sono pure gli anni che passano. Ho però stretto i denti ed ho superato l’ostacolo. Qualche problema pure per il sonno, d’altra parte due notturne in cinque giorni hanno il loro bel peso. Qualche rondò preso al contrario in Inghilterra ha dato il giusto pepe alla galoppata!!. Abbiamo così aggiunto al nostro palmares un bollino importante che credo ci faccia meritare di essere al top della schiera dei viaggiatori. Viva la modestia!

Pronti via

Giornata splendida, un caldo sole rallegra la vista e l’anima. Sono uscito dal lavoro alle 12,30. Mi serve solo poco tempo per ultimare i preparativi; la partenza è fissata per le 16,00. Sono eccitato come sempre, la giornata assolata mi tranquillizza non poco. Partire col bel tempo è bene, amplifica l’euforia e calma la tensione. Forse anche per il fatto che sono in compagnia. Dopo aver mandato un saluto alla mia fata, come sempre in anticipo mi muovo e vado a casa di Omar. Mi apre sua madre e mi avvisa che il suo amato rampollo sta facendo la doccia. E’ preoccupata ed io cerco di tranquillizzarla come posso. Oramai mi conosce e sa che ogni tanto ci inventiamo qualche scorribanda. Ci considera un po’ svitati e sa che non può farci niente però l’inquietudine non riesce ad evitarla. Le nostre “gite”, per lei che va una volta all’anno in città, sono come delle pazzie belle e buone, delle spacconate senza senso, ed anche, naturalmente, molto pericolose. Non so che torto darle!

:<Frank, sei sempre in anticipo, si vede che hai voglia di partire> :<sono uscito in anticipo dal lavoro>. Alle 15,50 partono i motori. 

Entriamo in autostrada, attraversiamo la pianura padana e, con il vento favorevole, tutto d’un fiato, ci ingoiamo la Valle d’Aosta. Nemmeno fossimo al timone di due velieri con le ruote!!. Attacchiamo la salita al Gran San Bernardo ma la strada normale è ancora chiusa e dobbiamo ripiegare sul Tunnel che depaupera le nostre finanze di ben dieci euro. La stupenda lunga discesa su Martigny ci ripaga della mancata salita panoramica. E’ un’ampia strada con altrettanto ampi curvoni. Una bellezza farla in salita; peccato i severi controlli altrimenti sai che numeri. Il traffico è ridotto, un altro mondo rispetto al nostro caos. Uno stupendo tranquillo tramonto ci coglie seduti in riva al lago di Ginevra. Ceniamo con i panini portati da casa attorniati da un nugolo di affamati ed agguerriti passerotti che si contendono le briciole. Uno addirittura prende il cibo dalla mia mano. Attraverso i rami dei pini del giardino in cui ci troviamo lampi di sole trafiggono gli occhi. Faccio scorta di calore perché questa notte sarà tutta un’altra musica. Si, proprio così, questa notte non si dorme ma si guida; niente branda, sarebbe troppo comodo cercare un albergo e dormire al calduccio. Questa notte si soffre! Quelli veri non dormono, guidano! Ci vestiamo con cura particolare badando a chiudere tutti i bottoni per evitare spifferi indesiderati dopo di che costeggiamo il lago mentre la luce va scemando. Filari di viti che sembrano state messe a dimora con il computer tanto sono precisi riempiono i declivi. Precisione svizzera! Lontano vedo ancora monti innevati. A Losanna deviamo per iniziare il tratto che ci porta al confine francese. Vedo le prime stelle, sono sereno come il cielo.

Qualche nube invece dalla moto di Omar che fa le bizze con l’accensione. Strano perché il mio compagno di viaggio è molto coscienzioso e preciso nel manutendere la sua cavalcatura. Al contrario di me che a distanza di un anno non ho ancora sostituito lo specchietto retrovisore destro che ho perso scendendo dalla Svezia nel viaggio a Capo Nord appunto l’anno scorso. Pigrizia che mi creerà dei seri problemi, come vedremo. Apparentemente senza motivo il guaio come è comparso svanisce. Con il sopraggiungere del buio la temperatura scende e ci fermiamo per indossare le tute anti pioggia che in questo caso hanno lo scopo di ripararci dal vento. Passiamo il confine francese salutati cordialmente da un doganiere di colore. La strada sale arrivando a quota mille metri ed il freddo si fa sentire. Il sereno crea molta umidità avendo piovuto nei giorni precedenti. Verso l’una ci fermiamo per un bel caffè caldo in un bar di uno sperduto paesino. Sono intirizzito, la tuta non mi basta, ci vorrebbe un piumino o, meglio ancora, un buon letto caldo!!!!

Mi viene alla mente che ho un kwaj nella borsa; lo metto sopra la tuta e ficco il cappuccio sotto il casco facendolo arrivare appena sopra gli occhi; il giusto per vederci. Ora si che sono un vero “ palombaro motociclista”. Accidenti al freddo ed a chi lo ha inventato! :<è un assaggio delle temperature che troveremo in Islanda ad agosto> , mi dice Omar che sembra sopportare meglio di me questo freddo. La cosa mi preoccupa un poco. Scendiamo di quota verso Digione, meno male,  ed entriamo in autostrada direzione Parigi. Mentre guido nella notte tutto intirizzito non posso fare a meno di pensare alla comodità della macchina e mi immagino comodamente seduto al calduccio con i Pink Floid che mi coccolano. Si, così sono capaci tutti! Ogni tanto guardo il cielo che non muta mai: sempre buio e sereno. E così, cantando dentro al casco e rabbrividendo, macino km. Chissà se anche Omar adotta qualche strategia per vincere il gelo; glielo chiederò.

Con un paio di soste strategiche per saltellare e correre un po’ ecco le prime luci dell’alba. Finalmente! E con l’alba ecco Parigi! Già la tangenziale è molto trafficata. Sono gelato! L’obiettivo è una foto sotto la Torre Eiffel e poi via. Tanto per accontentare Omi che in questa metropoli non ha mai messo ruota. L’interno della città è più caldo ed il mio basso morale ne trae grande giovamento. Adesso a Parigi ci sono venuto con ogni mezzo, mi manca solo la bicicletta. Mi chiedo quanti sono venuti nella città dell’amore per fare una fotografia al “gigante d’acciaio” all’alba e poi andarsene senza curarsi del resto! E di una foto trattasi perché le pile della fotocamera del mio impareggiabile amico sono scariche, forse complice il freddo della notte. E meno male che non ci siamo scambiati il bacio degli innamorati!

Veloci e reattivi usciamo dalla città e ci infiliamo di nuovo in autostrada per  percorrere i 270Km che ci separano da Calais e dall’imbarco per la terra di Albione. Speravo nell’arrivo del giorno per migliorare sensibilmente la mia situazione corporea, ma l’aria è ancora fredda ed un pallido sole velato da brume umide non basta di certo. Sono innervosito e contrariato! Sono proprio in crisi! Omar se ne è accorto e cerca di scherzarci sopra, ma non sono in grado di apprezzare il suo aiuto. Mi fermo spesso per bere bevande calde. E’ forse arrivato il tempo che mi comperi qualche indumento riscaldato. A mezzogiorno, con mio grande sollievo, eccoci al traguardo momentaneo. Avrò il tempo di riscaldarmi sul traghetto,spero. La traversata mi pare duri circa un’ora e mezza. Siamo in moto da diciotto ore! Certo che se continua così la vedo molto male, e se considero che nemmeno piove è tutto dire. Ho troppo poche calorie in corpo, mi ci vuole una iniezione di carboidrati. Anche l’anno scorso per Capo nord ho patito, ma mi pare che avevo sopportato meglio. All’interno del traghetto c’è ben caldo; che meraviglia per le mie ossa e per il mio spirito. Mi viene in mente quello che mi diceva, quasi come una preghiera, la mia dolcissima madre:< Franco, toglimi tutto ma lasciami al caldo>. Me lo diceva con in testa la berretta per dormire. Mi viene un nodo alla gola se la ripenso, così minuta, cosi indifesa, così dipendente come lo sono i vecchi. Ho un bel po’ di tempo per rimettermi in ordine di marcia; ci accomodiamo su di una confortevole poltrona e ci alleggeriamo di un po’ di vestiario. Tute , caschi, giubbotti, guanti; accatastiamo tutto su di un’altra poltrona. :<vado alla ricerca delle vivande, fai tu la guardia?>, dico ad Omar. :<si si vai pure rimango io>. Dopo una mezza ora torno rifocillato per dargli il cambio e lo trovo beatamente addormentato: Che gran guardiano il mio compagno!!! Mi addolora interrompere il suo meritato sonno ma il tempo stringe ed anche lui è opportuno che si alimenti. Delicato come un treno in corsa lo scuoto:<sveglia guardiano dei miei stivali>. :<eh…,ha….,cosa,….chi….siamo arrivati?>. :<no, ma non manca molto; vai a mangiare tu ora, grande guardiano dei miei polli, si vede che sei stanco, sei crollato di schianto>. :<non è vero, riflettevo!>. :<si certo, riflettevi>. Il tempo passa in fretta ed ecco all’orizzonte le mitiche bianche scogliere di Dover. Urge immortalarle. Mentre il traghetto manovra diamo un’occhiata alla cartina. :< allora direzione Londra e poi su fino a Liverpool>. :<ricordiamoci della guida a sinistra>. :< ah si, speriamo bene. Dobbiamo porre attenzione altrimenti sono guai>. Scesi dalla nave le indicazioni, di colore rosso, danno subito per Londra. Bene!

Molto circospetti ci muoviamo in direzione di un rondò che ci indirizza in una strada a tre corsie. Devo memorizzare che il sorpasso è a destra e la corsia più lenta è a sinistra. Guardo nello specchietto destro per il primo sorpasso e mi si congela il sangue: lo specchietto non c’è!!!! Ho un attimo di sbandamento ed indecisione; come posso sopperire al problema. Il traffico è notevole, un errore difficilmente verrebbe perdonato. Non è come in Scozia dove ci sono più pecore che macchine. Devo trovare una soluzione. Provo a girare indietro la testa ma la manovra è difficile e pericolosa. Decido di inserire la freccia molto anticipatamente per segnalare un eventuale sorpasso. Mi sembra migliore della scelta precedente. Faccio alcune prove. Rimane un punto morto a cui cerco di sopperire con la coda dell’occhio. Resta una certa percentuale di rischio ma obiettivamente non riesco a trovare miglior soluzione. Potrei non sorpassare mai; si ma allora non arriveremmo più. Che situazione!!! Ecco il problema a cui accennai innanzi!. Certe volte sono proprio astuto lo debbo ammettere, non sostituire lo specchietto è stata proprio una mossa notevole!! Se la polizia inglese mi ferma per qualche motivo sono fritto. D’altronde questo è il Frank, prendere o lasciare. Comunque una cosa positiva c’è senz’altro: la temperatura si è addolcita e meno male; il cielo è parzialmente nuvoloso. Viaggiamo a 120 km all’ora. 

Un grande “ring” circonda la capitale inglese, lo seguiremo per prendere la direzione giusta per Liverpool. Gradirei molto guardarmi in giro ma non ci riesco; tutto il mio impegno è per la guida. Solo raramente riesco a lanciare un fugace sguardo alla campagna circostante. I guidatori di sua maestà mi sembrano tutto sommato corretti. Avvicinandoci alla grande città osservo con crescente preoccupazione i segnali stradali. Non vedo nomi di città e così, senza accorgerci, ci troviamo nella periferia dalla quale sarà dura uscirne, credo. Ed infatti ci perdiamo in un labirinto di vie senza indicazioni. L’arcano si spiega nel fatto che, come in America, sono indicati più i numeri delle strade che non i nomi dei paesi e città ed io, intento a cercar fantasmi, sono piombato in centro. Dovevo capirlo però, dovevo intuire la diversità; inglesi ed americani sono un po’ fratelli. Incrociamo un distributore Esso e ci fermiamo per studiare una strategia che ci tolga dall’empasse. Ancora una volta entra in ballo la fortuna del viaggiatore, che molte volte mi ha tratto dai guai, sotto forma di un “pony”  che si ferma per rifornire il suo scooter. Gli chiediamo aiuto e lui, sfoderando un librone alto due dita zeppo di mappe stradali, ci fa uno schizzo risolutore seguendo il quale riusciamo ad uscire dalla bolgia. Benedetto ragazzo, che fortuna averlo incontrato! Due preziose ore se ne sono svanite in un centro che non abbiamo nemmeno visto e che non dovevamo nemmeno vedere. Amen!. 

Siamo fuori ma non nella direzione ottimale per cui, facendo un percorso dispendioso e commettendo ancora un paio di errori, andiamo a finire nella famosissima Cambridge dove decidiamo di porre fine a questa estenuante galoppata. Arrestiamo i motori alle 18,30 dopo aver percorso 1550 km ed aver guidato per 28 ore non stop. Prosit!!!  Un B&B accoglie pietosamente ciò che rimane di noi. Basta uno sguardo fugace dalla finestra per capire che la giornata parte in salita. Una fitta pioggerella inzuppa ogni cosa. Beh, non potevamo certo aspettarci il sole come al Mar Rosso, dopo tutto. Su, niente di grave, sta nel preventivo. 

Sono tutto sommato in discreta forma, o almeno così mi pare ad un prima indagine personale. Le ossa non mi dolgono più di tanto ed è già una vittoria, ve lo posso assicurare. Ho un dolore al polso sinistro, quello che sta sempre immobile, ma con un po’ di ginnastica si sistemerà di certo. Do un’occhiata ad Omar e lo vedo bene, ma lui è giovane, non fa testo. :<ho fame>, dice. :<io pure, buon segno>. Dopo questa interessante conversazione scendiamo per alimentarci. Le nostre povere delicate narici vengono colpite a tradimento da un forte odore di prosciutto cotto affumicato, uova e quant’altro. Nella saletta della colazione aleggia un miscuglio di odori quasi intollerabile. Ordiniamo caffè e latte, marmellata e burro. Mi pare che gli sguardi dei presenti abbiano voce:< ma da dove arrivano queste due signorine!!!!>. Vorrei dire loro da dove veniamo, ma non ne vale la pena! 

Un accurato consulto della cartina stradale ed una attenta guida non bastano ad evitarci ancora errori di direzione. Per fortuna la fastidiosa pioggerella è cessata. Procediamo a fatica verso nord e tra un errore e l’altro arriviamo a Birmingam dove possiamo entrare in autostrada. Abituati ad una diversa segnaletica siamo in difficoltà. Per percorrere trecento km impieghiamo sei ore! Alla fine, verso le 14,00,  siamo alla periferia esterna di Liverpool, la città dei mitici Beatles. Io comunque ero un rollingstoniano; quei quattro caschetti effeminati con le loro melense canzonette non potevano certo scalfire ne interessare la mia anima rock. Non è che morissi nemmeno per i Rolling, per la verità, la mia anima dura era oltre. Ma questa è un’altra storia. 

Ora si tratta di individuare il porto e l’imbarco. Il timore di trovare difficoltà si spegne perché una precisa cartellonistica ci porta alla meta. Diversa è la storia per la zona d’imbarco non segnalata. Vado ad istinto fino a che mi fermo sconsolato dinnanzi ad un grande cancello aperto che sembra indicare un ‘entrata privata. :<siamo punto d’accapo, urge chiedere perché non ho la benché minima idea di…accidenti!!!> :<cosa c’è>. :<guarda la Omi>. A non più di una decina di metri un grande cartello recita:  BIGLIETTI PER IL TRAGHETTO PER L’ISOLA DI MAN. Non ci posso credere, dopo tanti problemi di viabilità ecco un vero grande colpo di……fortuna! Il ”craft” parte alle 19,00. C’è persino il sole; dopo tutto le cose vanno bene direi. Abbiamo tutto il tempo per rilassarci anche se il posto non è granché.  

Alle 18,00 inizia l’imbarco e così, in compagnia di un gruppo di attempati bikers inglesi, saliamo per intraprendere la traversata di due ore e mezza che ci porterà a porre le ruote sull’isola sede del mitico TT (tourist trophy). Approfitto per acquistare un foulard rosso con il simbolo dell’isola da regalare alla mia Letizia. Non c’è molta gente sulla nave; mangiamo poco e male, pazienza ci rifaremo. Intratteniamo rapporti fatti più di gesti che di parole con i motociclisti, intuiamo che vanno spesso all’isola e ci parlano di un loro mito Mike Hailwood che  vinse la gara 14 volte. Rispondiamo che il nostro mito Giacomo Agostini la vinse 13 volte. Ah beato campanilismo, non si riesce proprio ad evitarlo! Alle 21,30 sbarchiamo, io per primo ed Omar per secondo, mi piace precisarlo! La meta è raggiunta!

Ora si tratta di trovare ricovero per noi e possibilmente anche per le nostre preziose cavalcature. Opera laboriosa perché di alberghi con garage non ne troviamo. Alla fine è gioco forza lasciare le moto all’aria aperta sperando nell’onestà delle persone. Rischio grosso , per la verità. All’una dopo la mezzanotte distendo le ossa su di un morbido letto di una camera arredata per accogliere più due bimbi che due adulti. Così, coccolati da ammiccanti bambole pizzi e lustrini ci addormentiamo beatamente mano nella mano!!! Sognerò certamente il percorso del TT che domani faremo. Buona notte!

La luce del nuovo giorno arriva troppo in fretta per la verità. Tendo l’orecchio ma dal mio amico nessun segno di vita. Non è la luce dei giorni sereni lo intuisco subito, è smorta, senza corpo ne personalità. Fra una stiracchiata ed un grugnito mi alzo e do uno sguardo. Come previsto, però ancora non piove, almeno. Ormai il sonno se ne è andato. :<sveglia cherubino, il sole è alto>, do una scrollatina ad Omar invidioso del suo sonno. :<che ore sono>. :<le sette>. :<e allora perché mi svegli se la colazione non è servita sino alle otto>. :<perché sono invidioso del tuo sonno>. Forse non ha ben inteso la mia risposta perché si gira e si rimette a dormire. 

Con calma inizio la vestizione. Al momento del conto la padrona ci fa capire di non essere attrezzata per le carte di credito perciò devo uscire per procurarmi del contante. Alla fine all’alba delle dieci possiamo dare il via al tanto agognato giro. Nebbie basse e pioggerella tipicamente inglese! Per nulla demoralizzati dalle avverse condizioni atmosferiche, ci avviamo sul percorso con circospezione. Stanno iniziando a mettere le protezioni perché da settimana prossima inizieranno le prove per la gara di inizio giugno. Appena fuori dalla minuscola capitale siamo circondati da verdissima natura, boschi, pascoli e mucche in ogni dove. Il cielo è plumbeo e la pioggia aumenta d’intensità, improvvise raffiche ci fanno sbandare. Io che, naturalmente, sapendo di andare al freddo ed alla pioggia ho giustamente dimenticato di portare i copri guanti, per non rovinare quelli che indosso di pelle guido a mani nude. Ben presto le mie mani sono intirizzite e mi trasmettono una spiacevole sensazione di freddo. Oltre a ciò devo sopportare lo scherno del mio compagno di viaggio. Ben mi sta!!

Pur tuttavia, nonostante tutto , preferisco un tempo così tempestoso ad un banale cielo azzurro. Questi veloci nuvoloni che ci passano di corsa bassi sopra la testa drammatizzano ed allo stesso tempo enfatizzano il paesaggio.  

Rendiamoci conto; stiamo sul percorso magico dove hanno volato tutti i più grandi campioni, vecchi e nuovi, campioni che hanno vinto , perso, sofferto cocenti delusioni e raggiunto le più alte gioie. Campioni che hanno riso, pianto, sono caduti e molti hanno perso la vita. 

Mentre guido circospetto sotto la pioggia ripenso al giorno in cui entrai per la prima, e ultima, volta sul circuito di Monza per un turno di mezz’ora in una domenica quando la pista viene aperta anche ai privati. Indossavo una tuta di pelle che mi aveva prestato il Gildo che è di tutt’altra stazza e che mi andava da tutte le parti. 

I primi due giri li feci come in trance; procedevo pericolosamente a velocità ridotta guardandomi in giro come fossi ad una gita. Poi iniziai ad aumentare secondo le mie possibilità; dopo essere riuscito a fare un dritto alla variante Ascari davanti agli amici che erano in tribuna, terminata la mezz’ora, uscii senza aver mai superato nessuno ed essere stato superato penso da tutti. Ero più bagnato di quando esco grondante dalla doccia!! Però che emozione!!

Il tracciato si snoda parte costeggiando il mare  e parte seguendo l’interno, si inerpica sino ad entrare in una pineta avvolta dalla nebbia ed in essa navighiamo semi ciechi sino a che discendiamo uscendo da questa ovatta. Proseguiamo sino ad arrivare  al termine nord dell’isola dove un solitario faro svolge il suo compito attorniato da gracchianti gabbiani. Lasciamo le moto e passeggiamo sull’ampia spiaggia ciottolosa abitata da uccelli marini che non conosco e spazzata da un forte vento. Ci abbracciamo felici di fronte al corrucciato mare. 

Ad est l’Inghilterra, a nord la Scozia, ad ovest L’Irlanda del Nord, il tempo avverso le nasconde ma sono li, ad un tiro di balestra! Verso le 14’00 siamo di ritorno a Douglas via bordo mare. Abbiamo seguito in toto il percorso lungo una settantina di km. Il “craft “parte alle 21,30. Mi preme di dire che detto percorso, durante le gare, viene ingozzato ad una media superiore ai 200 km/ora dai migliori! Prosit!!! 

:<caro Omi, ora è tassativo recarsi in un negozio per i ricordini da mostrare al Sandrone e farlo rodere, così paga per voler andare all’Elefantentreffen senza avvisarci>. :<hai detto bene Frank, così paga>. Detto fatto ci immergiamo in adesivi, felpe, spille, magliette, cappellini e quant’altro ricordi questa memorabile avventura. Non sazi arriviamo all’estremità sud dove incappiamo in un raduno di “vecchie signore” e dove facciamo la conoscenza di un simpatico vicentino oltre a ritrovare i motociclisti del traghetto. Non piove, meno male. 

Di nuovo alla capitale andiamo alla ricerca del parco chiuso dove i vari team lavorano alla messa a punto delle moto. Qualcuno è già al lavoro. Gironzoliamo all’esterno sbirciando:< guarda Frank quel furgone, ha la targa di Bergamo>, mi urla quasi Omar>. Ha ragione perbacco!. Gli devo riconoscere un notevole spirito di osservazione che a me manca purtroppo. E’ sempre molto attento e presente al contrario di me che spesso mi perdo nei pensieri e guardo senza vedere. 

Mentre parlottiamo si avvicinano da dentro due ragazzi:< Berghem?>, ci dice uno :se, prope (si,proprio), risponde Omar. :<ada, gnac a fal a posta (guarda, nemmeno a farlo apposta)>. :<saral pusibel (sarà mai possibile)>. :<ciao scec, come ala (ciao ragazzi, come va)>. :<ma arda m’po( ma guarda un po’)>. Ci danno due “passi” e così possiamo entrare con sommo giubilo del mio compagno. 

Dopo ulteriori convenevoli ci portano a visitare  il sito. Ci sono ragazzi come i nostri conterranei che sono arrivati dopo un viaggio estenuante stipati su di un Ducato in compagnia di moto, brande e viveri ed altri che hanno addirittura un tir, tendoni per le moto e meccanici personali. Ci sono pure  i sidecaristi perennemente impegnati a montare, smontare, modificare, tagliare e saldare carene. Omar è come in estasi, si aggira attento e fotografa ogni moto ed anche le belle ragazze che non mancano mai, per fortuna. Anche noi veniamo immortalati e, scopriremo poi, appariremo su di una rivista specializzata( ancora la tengo in bacheca come un oracolo). 

Usciamo felici dal parco e lentamente ci avviciniamo all’imbarcadero. Con il tempo rimastoci ci alimentiamo e poi ci disponiamo diligentemente in fila per l’imbarco. Arriva una coppia di attempati centauri che dal linguaggio intuisco sono inglesi; credo siano sulla sessantina. Lui rotondo con una voluminosa pancia e nemmeno l’ombra di un solitario capello, lei minuta e secca. Ma pensa un po’ il destino come accoppia persone in modo così bizzarro! Lui è il più chiacchierone. Intavoliamo il solito discorso di gesti ed assensi senza per altro intenderci molto; riesco, o così almeno mi pare, a fargli capire il viaggio che stiamo facendo ed i km che faremo in totale. Mi accorgo del suo stupore che cresce quando gli dico che in due giorni saremo a casa. Chissà se ci crede! Fatto sta che quando mi vede salire a fatica sul mezzo si mette a ridere e mi fa capire che ci vorranno altro che due giorni per il nostro ritorno. Se sapesse quanto si sbaglia; non conosce proprio il vecchio Frank!!

Con un poco di ritardo sbarchiamo a Liverpool all’una dopo la mezzanotte. Il mio socio si è fatto un bel sonnellino di un’ora mentre io no, non sono riuscito a prender sonno. Probabilmente un residuo dell’adrenalina giornaliera  era ancora in circolo e mi ha tenuto sveglio. Iniziare la ricerca di un albergo a quest’ora mi sembra inopportuno, difficile e controproducente; tra poco è giorno e la spesa non vale l’impresa. :<caro Omar, che ne diresti se iniziassimo il ritorno seduta stante. Tieni presente che se non te la senti andiamo a cercare ricovero>. So di aver schiacciato il tasto giusto provocandolo sulla stanchezza e prevedo già la risposta. :<Per me è ok, anzi la faccenda mi stimola parecchio; tu piuttosto, sei sicuro di farcela?>. Tutto come previsto! :<credo di si, anzi ne sono certo; dobbiamo solo porre molta attenzione ai segnali>. Iniziamo così il riattraversamento dell’ Inghilterra. Niente male no?

Sarà perché sarà, sarà perché la fortuna aiuta gli audaci, sta di fatto che la traversata notturna si rivela più facile dell’andata diurna e così, rombando nella notte buia, le prime luci di una fredda alba ci colgono non troppo lontano da Londra. Questa volta non mi lascio confondere dalla segnaletica e il grande “ring” che la circonda ci indirizza come proiettili verso Dover. Solo un’incognita ci lascia perplessi e preoccupati; l’incognita di alcuni “ flasc” che hanno rischiarato la notte in un tratto controllato. In quel tratto, per altro ben segnalato, navigavo basso sul cupolino per ripararmi dall’aria, ma non credo superassi il limite. Staremo a vedere, se la polizia inglese è inflessibile come quella svizzera, siamo certi che se abbiamo errato non ci perdoneranno!

Verso le tredici ci imbarchiamo sul traghetto per la Francia dove ci alimentiamo decentemente. Gironzoliamo per trovare una poltrona ma niente ed allora andiamo all’esterno dove ci accasciamo su due lussuose sedie di plastica arancioni. La giornata è discreta, c’è il sole e non fa freddo, non fosse per il vento. Sento la testa di Omar appoggiarsi sulla mia spalla destra: è andato! Impercettibilmente la mia testa si inclina verso la sua; ho terminato l’adrenalina! Un acuto fischio ci fa trasalire, stiamo entrando nel porto di Calais. Alle 15’00 siamo sul suolo francese. :<cosa facciamo Frank>. :<direi di continuare l’avvicinamento a casa, più km facciamo oggi e meno ne avremo domani, andiamo avanti fino alle 19,00>. 

Giunti in prossimità di Reims iniziamo la ricerca di un alloggio, ricerca che si esaurisce con la sistemazione in uno dei più scalcinati alberghi che mi abbia mai ospitato dato che non c’è nulla di meglio in zona. Continuare diventerebbe faticoso ed anche pericoloso; la stanchezza si fa sentire. Stendo un pietoso velo sulla camera e mi limito a parlare della sala da pranzo. Dispone di sei tavoli tondi  con cinque posti disponibili ciascuno, quindi sei tovaglie e trenta seggiole; e fino qui niente di particolarmente strano. Il fatto è che le sei tovaglie e le trenta sedie sono una diversa dall’altra!!!

Evito di entrare dettagliatamente nella descrizione dei tavoli! La cucina funziona, pare. Ordiniamo  una bistecca con patate e fagioli: speriamo di non essere troppo temerari! Nell’attesa delle vivande godiamo della presenza discreta di una deliziosa bimbetta che ci osserva incuriosita e ci sorride come solo i bimbi sanno fare. Mi sento scuotere ed alle mie orecchie arriva la sonora voce di Omar:<ohhhh, sveglia capo, è ora di cena>. :<è?…, come, ..chi!>. mi guardo in giro smarrito ed inquadro la signora con i piatti in mano. Come d’istinto, ancora con la bocca impastata, addento la bistecca con avidità.  Avrebbe potuto essere anche un pezzo di legno, l’avrei addentato comunque! :<siamo uno pari amico, all’andata sono schiantato io, ora è toccato a te>, mi ragguaglia. Sempre pronto a precisare il signorino!!!

Ancora non è buio quando ci ritiriamo nella”suite” assegnataci per lo strameritato riposo. Dopo qualche inconcludente scambio di battute piombiamo in un profondo sonno dimentichi del letto sfondato e di qualsiasi altra cosa. Ultimata la colazione e pagato il dovuto(troppo), ci apprestiamo all’ultima tirata sino a casa: un migliaio di km, metro più metro meno. La sveglia ha cileccato e siamo in ritardo, pur tuttavia ciò ci permette di essere salutati dalla bimba della sera prima che con la mano ci manda un tenerissimo ciao. Ho la schiena a pezzi, quel maledetto letto mi ha fracassato le ossa! 

Siamo allegri e tranquilli e, come al solito, poca voglia di tornare. C’è un bel sole e fa caldo. Attraverso boschi caliamo su Digione ed il confine svizzero. Nel pomeriggio siamo di nuovo sulle sponde del lago di Ginevra. :<che ne dici Omi se invece del Gran San Bernardo a Martigny pieghiamo verso Sion e scaliamo il Sempione>. :<ok>, la pronta risposta. Alle 20,00 siamo in cima al passo appena in tempo per una foto col sole tramontante, a Stresa ci concediamo una pizza ed alla 01,00 varco il cancello di casa. Quando si riparte!!

Di Franco Gandi

Franco Gandi fa parte del gruppo Facebook “Passione In Viaggio” e potete contattarlo all’indirizzo https://www.facebook.com/franco.gandi.9